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1936, anno XIV dell'Era Fascista. Al presidente del Tribunale di Milano giunge dal Ministero degli Esteri retto da Galeazzo Ciano la richiesta di riesaminare un vecchio caso criminale. Nel 1917, in piena guerra, una famiglia di ricchi industriali svizzeri è stata massacrata nel suo appartamento milanese. I colpevoli, due balordi prontamente arrestati, sono stati a suo tempo processati e severamente condannati. Perché, allora, riaprire l'istruttoria vent'anni dopo? E perché affidarla a un giudice di basso livello come Arturo Ridolfi, detto "lo zoppo", un mutilato di guerra normalmente adibito a procedimenti per furto, rissa e piccole truffe? L'apparente semplicità del caso non spiega poi perché alcune personalità del Regime sostengano a parole la richiesta del ministero, ma facciano poi di tutto per ostacolare le nuove indagini. Arturo Ridolfi si rivela un giudice pignolo, testardo e capace. Non lo spaventa indagare anche tra le alte sfere, andando contro le regole non scritte del Regime. Grazie all'intraprendenza del giovane brigadiere romano che lo assiste, il giudice riesce ad aprire uno squarcio su uno scenario molto più ampio e drammatico di quello di un efferato delitto per rapina. Sullo sfondo, la guerra civile in Spagna, le celebrazioni e i fasti delle Olimpiadi nel Reich Hitleriano e un mondo che si avvia a grandi passi verso un secondo, ancor più catastrofico conflitto.